VALORIZZARE IL PATRIMONIO E LE ESPERIENZE CULTURALI VIBONESI

La recente classifica sulla qualità della vita nei capoluoghi di provincia italiani vede Vibo Valentia all’ultimo posto; ma, in un quadro complessivo di degrado, gli estensori della ricerca segnalano le potenzialità della città nel settore dei beni e delle attività culturali. Con tutte le perplessità su questo tipo d’indagini, questa valutazione costituisce un dato interessante per le forze politiche e sociali della città, da analizzare in vista dell’individuazione di azioni politiche e amministrative capaci di valorizzare tali potenzialità.

Poiché questo non sembra accadere, vorrei cercare, dal mio piccolo osservatorio, di offrire un contributo alla discussione su questi problemi con la consapevolezza che Vibo Valentia non può permettersi di perdere le poche occasioni di cui dispone pena la definitiva perdita di qualsiasi ruolo nello scenario regionale.

Valorizzare il patrimonio storico artistico e migliorare le attività e i servizi culturali erano gli obiettivi che, in occasione delle recenti elezioni ammnistrative, tutte le parti in competizione si erano poste, dalla “Città che vorrei” del sindaco Elio Costa alle formulazioni di Antonio Lo Schiavo e degli altri sindaci. Parole?

Un imprescindibile punto di partenza di quest’analisi è la scuola, luogo primario di acculturazione, apprendimento e formazione dell’individuo come cittadino.  Nella città vi sono molte scuole di ogni ordine e grado, alcune anche di eccellenza, ma questo non sembra incidere molto sulle elevate percentuali di dispersione e di abbandono scolastico, così come su un quadro drammatico di forte povertà educativa, bassi indici di lettura, deficit di educazione civica e di bassi consumi culturali.

Tra le potenziali risorse nel settore dei beni culturali vi sono, in ordine d’importanza, l’archeologia, il centro storico, i gradi immobili recuperati di proprietà pubblica che nel loro insieme potrebbero contribuire a dare un impulso nuovo alla città.

Riguardo all’archeologia, che può contare sull’importante Museo Statale, il progetto principale riguarda il costituendo parco archeologico urbano che comprende i siti di Sant’Aloe con i mosaici, le mura greche portate alla luce da Paolo Orsi, il tempio del Cofino recentemente portato alla luce e il Castello di Bivona.

Negli ultimi anni in questi siti sono state realizzate importanti attività per la messa in sicurezza e il restauro dei siti ma poco per quanto riguarda la valorizzazione. I mosaici sono coperti, Sant’Aloe e le mura greche sono per la maggior parte dell’anno delle sterpaglie e così per gli altri luoghi.  

Siamo quindi molto lontani dal poter avviare attività di valorizzazione culturale e turistica.

Inoltre, si ha l’impressione che nella realizzazione di questi interventi si stiano accumulando ritardi che rischiano di far perdere il senso dell’intervento stesso; ma, soprattutto, che i cittadini siano stati un po’ espropriati dalla condivisione dei progetti elaborati dagli organismi locali del MIBAC e, in parte, dall’amministrazione comunale.

Questa mancanza di condivisione non è stata e non sarà priva di conseguenze, prova ne sia il movimento per la tutela del nuovo tratto di mura greche in via Paolo Orsi, e del venir meno su una questione così importante dei positivi contributi che sarebbero potuti venire dalle associazioni, dai cittadini e da chi amministra o si candiderà in futuro ad amministrare i beni comuni.

Sul futuro della città vecchia e dei suoi grandi immobili monumentali recentemente restaurati o in corso di restauro, a parte qualche piccolo abbellimento, la discussa pavimentazione di alcune strade e l’utilizzo estemporaneo di alcuni siti per brevi periodi, ben poche idee sono state messe in campo e, anche in questo caso, non vi è stato alcun tentativo di avere una condivisone dei cittadini e delle loro rappresentanze.

Gli unici casi positivi di utilizzo di immobili storici che si possono segnalare riguardano il complesso Santa Chiara, sede del Sistema Bibliotecario Vibonese, un’istituzione che da lustro alla città e che offre servizi qualificati a tutta la regione, e il Valentianum con la nuova Galleria di arte moderna, il Palazzo delle Accademie sede del Politecnico delle Arti.

Nessuna idea sembra invece esserci su Palazzo Gagliardi, San Giuseppe, Auditorium e Tonnara di Bivona.

Così come continuano a degradare i palazzi De Riso Gagliardi, Sant’Agostino, Romei e l’edificio di Piazza Diaz. Una situazione che rischia di diventare l’emblema di una città in grande difficoltà.

Non esistono formule magiche per risolvere questi problemi, ma qualche segnale si dovrebbe dare, per esempio rendere funzionante l’Auditorium, mettendo Palazzo Gagliardi a disposizione del Festival Leggere&Scrivere non solo per una settimana, ma per tutto l’anno, risolvendo i problemi di accessibilità e la climatizzazione. Potrebbe diventare la sede delle iniziative culturali che si svolgono in città e una vetrina per l’artigianato e l’agroalimentare del territorio.

Allo stesso modo per il Centro storico cercando di favorire per come possibile un utilizzo che non sia solo abitativo, ma anche commerciale e turistico.

 Infine i servizi culturali: è da cogliere come un segnale incoraggiante la decisione dell’amministrazione comunale di riaprire la biblioteca e di impedire la vendita dell’immobile ove essa ha sede. In prospettiva però la città non potrà permettersi di avere due biblioteche ed è anche insostenibile che tutti i servizi culturali, compreso il cinema e il futuro teatro comunale, siano concentrati sul capoluogo mentre nelle frazioni, dove vive metà della popolazione, non vi sia nulla.

Anche in questo caso nessuna bacchetta magica, ma piccoli segnali in direzione di un’articolazione più razionale dei servizi culturali appare doverosa. In questa prospettiva si inserisce anche l’utilizzo sociale come centro culturale polivalente della tonnara di Bivona.

Le finanze comunali non consentono forse di sognare, ma, se vi fosse un quadro di volontà chiare e condivise, alcuni piccoli passi nella giusta direzione potrebbero essere compiuti.  Così come se vi fosse la forza di porre con autorevolezza, nei giusti termini, allo Stato e alla Regione, il problema di Vibo Valentia Città di Cultura, la richiesta non potrebbe essere ignorata.  

Ma forse nessuno vuole veramente, ci si accontenta di diventare consigliere provinciale.  

La recente classifica sulla qualità della vita nei capoluoghi di provincia italiani vede Vibo Valentia all’ultimo posto; ma, in un quadro complessivo di degrado, gli estensori della ricerca segnalano le potenzialità della città nel settore dei beni e delle attività culturali. Con tutte le perplessità su questo tipo d’indagini, questa valutazione costituisce un dato interessante per le forze politiche e sociali della città, da analizzare in vista dell’individuazione di azioni politiche e amministrative capaci di valorizzare tali potenzialità.

Poiché questo non sembra accadere, vorrei cercare, dal mio piccolo osservatorio, di offrire un contributo alla discussione su questi problemi con la consapevolezza che Vibo Valentia non può permettersi di perdere le poche occasioni di cui dispone pena la definitiva perdita di qualsiasi ruolo nello scenario regionale.

Valorizzare il patrimonio storico artistico e migliorare le attività e i servizi culturali erano gli obiettivi che, in occasione delle recenti elezioni ammnistrative, tutte le parti in competizione si erano poste, dalla “Città che vorrei” del sindaco Elio Costa alle formulazioni di Antonio Lo Schiavo e degli altri sindaci. Parole?

Un imprescindibile punto di partenza di quest’analisi è la scuola, luogo primario di acculturazione, apprendimento e formazione dell’individuo come cittadino.  Nella città vi sono molte scuole di ogni ordine e grado, alcune anche di eccellenza, ma questo non sembra incidere molto sulle elevate percentuali di dispersione e di abbandono scolastico, così come su un quadro drammatico di forte povertà educativa, bassi indici di lettura, deficit di educazione civica e di bassi consumi culturali.

Tra le potenziali risorse nel settore dei beni culturali vi sono, in ordine d’importanza, l’archeologia, il centro storico, i gradi immobili recuperati di proprietà pubblica che nel loro insieme potrebbero contribuire a dare un impulso nuovo alla città.

Riguardo all’archeologia, che può contare sull’importante Museo Statale, il progetto principale riguarda il costituendo parco archeologico urbano che comprende i siti di Sant’Aloe con i mosaici, le mura greche portate alla luce da Paolo Orsi, il tempio del Cofino recentemente portato alla luce e il Castello di Bivona.

Negli ultimi anni in questi siti sono state realizzate importanti attività per la messa in sicurezza e il restauro dei siti ma poco per quanto riguarda la valorizzazione. I mosaici sono coperti, Sant’Aloe e le mura greche sono per la maggior parte dell’anno delle sterpaglie e così per gli altri luoghi.  

Siamo quindi molto lontani dal poter avviare attività di valorizzazione culturale e turistica.

Inoltre, si ha l’impressione che nella realizzazione di questi interventi si stiano accumulando ritardi che rischiano di far perdere il senso dell’intervento stesso; ma, soprattutto, che i cittadini siano stati un po’ espropriati dalla condivisione dei progetti elaborati dagli organismi locali del MIBAC e, in parte, dall’amministrazione comunale.

Questa mancanza di condivisione non è stata e non sarà priva di conseguenze, prova ne sia il movimento per la tutela del nuovo tratto di mura greche in via Paolo Orsi, e del venir meno su una questione così importante dei positivi contributi che sarebbero potuti venire dalle associazioni, dai cittadini e da chi amministra o si candiderà in futuro ad amministrare i beni comuni.

Sul futuro della città vecchia e dei suoi grandi immobili monumentali recentemente restaurati o in corso di restauro, a parte qualche piccolo abbellimento, la discussa pavimentazione di alcune strade e l’utilizzo estemporaneo di alcuni siti per brevi periodi, ben poche idee sono state messe in campo e, anche in questo caso, non vi è stato alcun tentativo di avere una condivisone dei cittadini e delle loro rappresentanze.

Gli unici casi positivi di utilizzo di immobili storici che si possono segnalare riguardano il complesso Santa Chiara, sede del Sistema Bibliotecario Vibonese, un’istituzione che da lustro alla città e che offre servizi qualificati a tutta la regione, e il Valentianum con la nuova Galleria di arte moderna, il Palazzo delle Accademie sede del Politecnico delle Arti.

Nessuna idea sembra invece esserci su Palazzo Gagliardi, San Giuseppe, Auditorium e Tonnara di Bivona.

Così come continuano a degradare i palazzi De Riso Gagliardi, Sant’Agostino, Romei e l’edificio di Piazza Diaz. Una situazione che rischia di diventare l’emblema di una città in grande difficoltà.

Non esistono formule magiche per risolvere questi problemi, ma qualche segnale si dovrebbe dare, per esempio rendere funzionante l’Auditorium, mettendo Palazzo Gagliardi a disposizione del Festival Leggere&Scrivere non solo per una settimana, ma per tutto l’anno, risolvendo i problemi di accessibilità e la climatizzazione. Potrebbe diventare la sede delle iniziative culturali che si svolgono in città e una vetrina per l’artigianato e l’agroalimentare del territorio.

Allo stesso modo per il Centro storico cercando di favorire per come possibile un utilizzo che non sia solo abitativo, ma anche commerciale e turistico.

 Infine i servizi culturali: è da cogliere come un segnale incoraggiante la decisione dell’amministrazione comunale di riaprire la biblioteca e di impedire la vendita dell’immobile ove essa ha sede. In prospettiva però la città non potrà permettersi di avere due biblioteche ed è anche insostenibile che tutti i servizi culturali, compreso il cinema e il futuro teatro comunale, siano concentrati sul capoluogo mentre nelle frazioni, dove vive metà della popolazione, non vi sia nulla.

Anche in questo caso nessuna bacchetta magica, ma piccoli segnali in direzione di un’articolazione più razionale dei servizi culturali appare doverosa. In questa prospettiva si inserisce anche l’utilizzo sociale come centro culturale polivalente della tonnara di Bivona.

Le finanze comunali non consentono forse di sognare, ma, se vi fosse un quadro di volontà chiare e condivise, alcuni piccoli passi nella giusta direzione potrebbero essere compiuti.  Così come se vi fosse la forza di porre con autorevolezza, nei giusti termini, allo Stato e alla Regione, il problema di Vibo Valentia Città di Cultura, la richiesta non potrebbe essere ignorata.  

Ma forse nessuno vuole veramente, ci si accontenta di diventare consigliere provinciale.  

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